Arriva lo street food Varese cerca l’affare con il gusto di strada

La Provincia Varese - 02/03/2016

Tutti vanno pazzi per lo street food. Il “cibo di strada” che si consuma sporcandosi le dita e che cambia da località a località, sulla base della tradizione gastronomica, della disponibilità di materie prime e della fantasia di chi lo cucina. Lo “street food” è una leva di business se si considera che la spesa degli italiani per mangiare fuori è in crescita e tocca i 76 miliardi all’anno. Nel Sud Italia ci sono arancini, cartocci, polpette. In Piemonte, la panissa. All’estero perfino cavallucci marini fritti e spiedini di insetti. Da noi il concetto di street food è qualcosa di nuovo. Un laboratorio La “rustisciada” (spezzatino di maiale e salsiccia che, in alcune versioni, viene totalmente sbriciolata, in altre va lasciata a pezzi) e i “bruscitti di Busto Arsizio” (carne di manzo tagliata finemente cotta a lungo con semi di finocchio selvatico e vino) potrebbero rientrare in questa categoria. Ma l’associazione provinciale cuochi di Varese (Apcv) vuole fare di più e «trovare un piatto che rappresenta Varese». Il progetto è in divenire e coinvolgerà anche l’associazione Maestri di cucina ed executive chef e i Ristoratori della provincia di Varese. Di questa idea, perfettamente in linea con le tendenze-food del momento, si è parlato ieri, all’Uniascom di via Valle Venosta, dove l’associazione Apcv da qualche settimana ha aperto la sua nuova sede: un laboratorio in cui si svilupperanno i progetti a favore della categoria, attività pratiche e corsi di aggiornamento. «Il nostro spirito è quello di essere una casa per tutti coloro che offrano professionalità» afferma Lino Gallina di Uniascom. Prelibatissimi «Vedo lo street food varesino legato ai prodotti del territorio anche in piccole proporzioni – spiega Girolamo Elisir, presidente di Apcv – Per esempio, mi viene in mente una mousse di formaggella su un letto di brutti e buoni salati». Creare qualcosa di nuovo è sicuramente vincente. Così come puntare sulla riscoperta di tradizioni gastronomiche antiche. «Vorremmo riscoprire i tagli poveri di carni, quelli che i giovani non vogliono più e che si trovano nel quinto quarto (trippa, rognoni, cuore, fegato, milza, animelle, cervello e lingua) – continua Elisir – Nessuno utilizza più queste carni perché richiedono lunghi tempi di cottura. Un esempio è il cuore, oppure il rognoncino, che un tempo era un piatto prelibatissimo e che adesso nessuno propone perché cucinarlo significa perderci molto tempo». L’iniziativa sarà formalizzata nei prossimi mesi. Verranno proposti corsi di aggiornamento (di cui uno sui tagli poveri di carne). I ristoranti potranno inserire lo street food nel proprio menù, destinando parte del ricavato a una borsa di studio. «In tutti i tipi di scuole hanno diminuito le ore di laboratorio – spiega Elisir, docente di scuola alberghiera in pensione – Prima erano 18, adesso sono 6. Il che giustifica come mai non si insegnino più le cotture lunghe. Va bene la cultura, ma serve anche la pratica, per questo noi vogliamo insistere sulla formazione». Faraona alla creta «Continuano a emergere idee sempre diverse per lo street food di Varese. Un esempio è la faraona alla creta, che era una tradizione di Capolago – continua Giordano Ricevuti, consigliere dell’associazione – Dobbiamo collezionare idee e arrivare, per la fine del 2016, a creare un piatto che rappresenta la provincia di Varese. Si tratta di un percorso che abbiamo intrapreso da poco, e di cui siamo alle fasi iniziali, ma in cui abbiamo fiducia». Nel frattempo, sempre in Uniascom, sta volg‘endo al termine un corso di nutraceutica in collaborazione con l’Asl di Varese, in cui si studiano le proprietà «benefiche» delle spezie.