Nell’ordine del giorno del consiglio regionale, convocato per ieri, oggi e domani, era attesa la discussione sulle nuove aree vaste, cioè la riperimetrazione degli enti intermedi che dovrebbero sostituire le Province. Una necessità imposta dalla legge Delrio, che istituisce le città metropolitane e, appunto, cancella le Province. Quell’annuncio di dibattito sull’argomento è però stato disatteso, a meno di sorprese fino a ieri sera nemmeno alle viste: l’assemblea lombarda è momentaneamente alla prese con questioni di bilancio.
La Regione e, per essa, il governatore Roberto Maroni, ha avviato il confronto sulle aree vaste da alcuni mesi, con lo scopo di preparare una proposta complessiva ed esaustiva in scia alla norme governative, anticipando di fatto i tempi. Maroni e la sua giunta hanno ipotizzato una riperimetrazione dei futuri enti intermedi sulla base delle otto Ats, le agenzia di tutela della salute che, per effetto della riforma sanitaria, hanno sostituito le vecchie Asl, le aziende sanitarie locali. Di più: Maroni vorrebbe chiamarli cantoni, come nella vicina Svizzera. Denominazione suggestiva, anche se l’impianto istituzionale dei cantoni lombardi sarà diverso nella sostanza da quelli della vicina confederazione. Tutto facile, quanto meno sulla carta. Complicato invece il discorso riproposto nei singoli territori. Complicato e fonte di pesante malumori: nessuno intende rinunciare alle proprie identità e alla propria autonomia.
Ad esempio, Varese non ci sta ad accorparsi a Como. Una cosa sono le questioni gestionali della Sanità (l’Ats dell’Insubria ha competenze sul Varesotto e su buona parte del Comasco), un’altra quelle relative alle aree vaste e, quindi, alle funzioni ad essa riservate. Di più: quale tra le due città sarà il capoluogo? Chi ospiterà la prefettura? Dove saranno dislocati i vari enti? Problemi che, com’ è facile comprendere, non sono di immediata soluzione. Tra l’altro, Como è in rivolta per quanto riguarda la parte alta del suo lago, che finirebbe nel cantone (se mai dovesse chiamarsi così) di Sondrio. Mentre il ramo che, da manzoniana memoria, volge a mezzogiorno ricadrebbe nella giurisdizione di Lecco. Insomma, un lago spezzettato in tre parti.
Ma i mal di pancia non sono riscontrabili soltanto a Varese e a Como. In tutta la regione ci sono territori che rivendicano primogeniture e leadership locali. Mentre città e paesi contigui alla città metropolitana di Milano vorrebbero o stanno facendo richiesta di adesione, abbandonando così l’area vasta: i vantaggi sarebbero innegabili sotto molti profili. Comunque, un pasticcio. Che suggerisce opportuni rinvii e riconsiderazioni approfondite della faccenda. La quale, sia chiaro, non interessa soltanto la perimetrazione delle aree vaste, bensì i contenuti stessi della legge Delrio. Per la quale le Province non esisterebbero più, benché nella realtà esistono ancora. Sta di fatto che la loro abolizione è vanificata in un disegno di legge sugli enti locali approvato alla Camera e ora all’esame del Senato, il quale stabilisce uno stanziamento aggiuntivo per le Province di 148 milioni di euro. Provvedimento in controtendenza ai tagli sin qui apportati agli enti intermedi, che sopravvivono e sopravviveranno alla stessa Delrio: non saranno più Province ma aree vaste, con funzioni e compiti più o meno uguali agli attuali. E con le stesse necessità finanziarie per rientrare dai mutui e per pagare gli stipendi. E allora? Allora l’abolizione prevista dalla norma con lo scopo di contenere i costi è più che altro fittizia, buona per la propaganda, non per la pratica quotidiana. Fonte di garbugli amministrativi e politici. Vero, gli enti intermedi sono ora di secondo livello, cioè gli organi politici gestionali non sono più soggetti a elezione popolare ma sono scelti dai sindaci dei diversi Comuni. Soluzione che riduce di uno zero virgola le spese, ma tiene pur sempre in piedi gli apparati. Non solo, va chiarito un altro aspetto, da riferire al referendum costituzionale d’autunno: se dovessero vincere i no, quale sarebbe la sorte delle Province? I pareri in proposito sono contrastanti. Nel frattempo, le riperimetrazioni sono oggetto di un aspro confronto. Figurarsi quando occorrerà stabilire capoluoghi, sede di enti, riferimenti istituzionali. Domanda delle domande: che bisogno c’era di dare sfogo a una simile confusione istituzionale? Non era più semplice mantenere le Province introducendo soltanto opportuni correttivi?