Arcivescovo della speranza

La Provincia Varese - 25/09/2017

«Quando uno fa un discorso, se capisci stai attento, altrimenti ti perdi. A Delpini do dieci e lode: parla chiaro, non è difficile». Il voto di Antonietta Cocchi, ottantenne di Cernusco sul Naviglio mescolata alla folla in piazza Duomo, la dice lunga sull’accoglienza che il popolo ambrosiano rivolge al nuovo arcivescovo. In tanti sono venuti a salutarlo, per l’ingresso ufficiale. Nella cattedrale ci sono seimila persone (tra cui quasi mille sacerdoti), ma c’è chi fa notare che per altri passaggi di consegne la folla fosse ancora più numerosa. Allora contava la curiosità, questa volta l’arcivescovo è noto. Per molti è “don Mario”, non una figura austera tutta da scoprire.

Monsignor Delpini lo sa ed è auspicando «fraternità» che si rivolge agli ambrosiani. Prima in Sant’Eustorgio, poi in Duomo. Il suo messaggio, ispirato a passi del profeta Isaia, è semplice e chiaro: «Non disperate dell’umanità, dei giovani, della società: Dio continua ad attrarre con il suo amore e a seminare la vocazione ad amare, a partecipare della sua gloria. Ecco, l’annuncio che non posso tacere si riassume in poche parole: la gloria del Signore riempie la terra. Vi prego: lasciatevi avvolgere dalla gloria di Dio, lasciatevi amare per diventare capaci di amare».

Il cerimoniale inizia alle 16 in Sant’Eustorgio, di fronte a duecento catecumeni che si preparano al battesimo. Mario Delpini viene accolto dal sindaco Giuseppe Sala e dal vicario della città, monsignor Carlo Faccendini. Nella basilica in cui si ricordano le origini della fede cristiana sul territorio, l’arcivescovo riceve in dono una manciata di terra proveniente dal cimitero paleocristiano sottostante. Lui raccoglie l’eredità dei padri ma ha lo sguardo rivolto al presente e racconta una moderna parabola incentrata su tre amici: il Peppino, il Pino e il Pinuccio. Tre storie di fatica e delusione, con sbocchi diversi. Ed ecco il primo insegnamento: «Gesù dice venite a me che siete affaticati e oppressi. Quando tutto pesa non si può evitare la domanda: ma questa vita cos’è? C’è chi ti dice che qualche pillola può aiutare. E chi ti consiglia di tirarti su con qualche stupida illusione. Noi rispondiamo che c’è una voce che chiama e fa della vita una vocazione e una missione».

Lasciata in dono la propria veste di lino bianco, come vuole la tradizione, fra lanci di palloncini agli adolescenti e ai giovani regala un’esortazione: «Dio benedice gli inizi. Più che di me, ha bisogno di voi: date inizio al futuro di Milano». Abbandonata in auto Sant’Eustorgio, il centoquarantacinquesimo arcivescovo ambrosiano arriva in piazza Duomo dove saluta il presidente della Regione Roberto Maroni, le autorità, il picchetto d’onore e le centinaia di persone dietro alle transenne. Quindi, sul sagrato, l’abbraccio affettuoso con il predecessore cardinale AngeloScola.

Data lettura dell’investitura di papa Francesco, datata 7 luglio, c’è la consegna del pastorale di San Carlo. «Non ti dirò, come i nostri predecessori, che questo pastorale ti sarà pesante, perché la tua lunga esperienza ti consente di saperlo di già – sottolinea Scola – Voglio invece formularti un augurio: il tuo cammino sia spedito e carico di frutti».

Il nuovo arcivescovo, citando Giuseppe Ungaretti, si rivolge a tutti come «fratelli e sorelle». Ai cattolici propone uno stile di vicinanza; alle altre Chiese cristiane chiede di evitare divisioni; ai figli d’Israele riconosce che «abbiamo troppo poco condiviso le vostre sofferenze» e che «abbiamo troppe cose comuni per precluderci un sogno di pace comune». Con chi prega Dio secondo la fede islamica o altre tradizioni auspica di compiere «percorsi condivisi». Ai non credenti chiede di costruire insieme «un futuro dove il pensiero non sia pigro o spaventato». E alle istituzioni propone un’alleanza, al servizio della gente, in primis la più «tribolata»: anziani, malati, poveri, stranieri, detenuti.

Venendo al programma pastorale, Delpini si colloca nel solco già tracciato. «Non disperate!», ripete. «Dio non è lontano da nessuno. Può suonare euforia stonata nel nostro contesto incline più al lamento che all’esultanza. La gloria di Dio non è una sorta di irruzione trionfalistica. E’ l’amore che si manifesta. Perciò io sono venuto ad annunciare che la terra è piena della gloria di Dio». Gli applausi dicono che il messaggio raggiunge i cuori.