Arac, guaio in più per Maroni

La Prealpina - 22/03/2017

L’Arac, l’agenzia regionale anticorruzione, non è nata sotto una buona stella. Istituita un anno fa da Palazzo Lombardia per un periodo sperimentale di tre anni ha dovuto superare una serie di intoppi procedurali dovuti principalmente alla sovrapposizione con Anac, l’omologa agenzia nazionale contro il malaffare presieduta da Raffaele Cantone.

A meno di dieci mesi dalla sua contrastata entrata in funzione, il presidente di Arac, il magistrato in pensione Francesco Dettori, sbatte la porta. Un’uscita di scena in polemica con i vertici regionali “assenti e insensibili” , a detta di Dettori, a fronte di scontri e incomprensioni all’interno del Consiglio della stessa agenzia. Situazione paradossale, se vogliamo, vista la mission dell’authority, che dovrebbe lavorare senza intralci a garanzia della correttezza gestionale in Regione e negli enti del sistema regionale. Voluta dallo stesso governatore Roberto Maroni, l’agenzia contro la corruzione è stata avviata all’indomani degli scandali dei primi mesi dello scorso anno. Presidio importante, gestito da un consiglio nominato dall’assemblea del Pirellone attraverso una serie di candidature di altro profilo, ex magistrati, docenti universitari, professionisti, comunque persone specchiate, senza il minimo appiglio per eccepire sui loro comportamenti.

A presiedere l’agenzia, Maroni ha chiamato Francesco Dettori, già procuratore della Repubblica a Busto Arsizio e poi a Bergamo. Con lui, quattro consiglieri tra i quali Giovanna Ciribelli, revisore dei conti che scoprì le irregolarità negli appalti per le cure odontoiatriche, inchiesta che portò in carcere tra gli altri il consigliere regionale varesino Fabio Rizzi. Ancora, accanto a Dettori, l’ex rettore della Liuc di Castellanza e attuale docente Gianfranco Rebora.

Per Roberto Maroni, le dimissioni all’Arac rappresentano una grana in più, e non di poco conto. In questi giorni, il governatore si è preso un periodo di vacanza in concomitanza con il suo compleanno. Ma non manca di commentare l’accaduto. In una nota afferma di essere dispiaciuto per la decisione di Dettori «al quale non ho mai fatto mancare il mio sostegno».

Ma a questo punto «in Arac si era purtroppo creata una grave frattura nei rapporti personali tra i suoi membri, che ho cercato di ricomporre, nel rispetto dell’autonomia di cui gode l’agenzia, ma che evidentemente si è rivelata insanabile” avverte il governatore leghista. Che poi conclude che già nella prossima giunta regionale si provvederà a designare il nuovo presidente.

Resta la questione operativa. E resta il caso politico. Non tanto o non solo per le motivazioni che hanno indotto Dettori a lasciare l’incarico, quanto per le pesanti critiche rivolte da Partito democratico e Cinque Stelle alla scelta del centrodestra di varare una simile authority. Opposizione agguerrite fin dall’inizio per i costi dell’operazione e per il fatto che funzioni di controllo e indirizzo sono già attribuiti ad altri organismi regionali. Senza dimenticare la sovrapposizione, peraltro sanata, con Anac.

A complicare il quadro ci sono poi le contestazioni sui mezzi, sulle competenze e sui reali poteri dell’authority. Già alcuni mesi fa vennero a galla difficoltà con gli uffici per ottenere documenti e pratiche, quindi sulla scarsa collaborazione riservata ai membri dell’agenzia. Dentro la quale, come si è visto, i rapporti sono andati via via peggiorando, fino alla scelta dirompente del presidente Dettori di dimettersi. E adesso? Le opposizioni hanno già fatto sapere di essere nuovamente pronte a dare battaglia, anticipando giudizi negativi attorno all’intera vicenda. Giudizi anche e soprattutto di natura politica, che colpiscono direttamente Roberto Maroni: «Per lui si tratta di un fallimento». Dire che un simile sbocco fosse inatteso sarebbe sbagliato. Lo stesso governatore conferma nella sua nota di essere stato messo a parte dei dissidi interni. Insanabili, come egli sottolinea. C’è ora da domandarsi se la situazione di stallo possa in qualche modo aprire varchi al malaffare. Di cui purtroppo si rintracciano continui segnali in Regione, come testimoniano le ultime inchieste della magistrature proprio in questi giorni.