Anche l’Ambasciata eritreadà l’addio al suo esploratore

La Prealpina - 18/02/2016

I tramonti sull’Africa hanno una magia che ha dell’incredibile. Perché su quelle sterminate piane il tempo per pensare è minimo, se si vuole cogliere l’emozione del sole che si abbassa veloce. Un momento che adesso si dilata per Alfredo Castiglioni, perché lui ora «è abbracciato in una luce che non ha tramonto». Ed è a questa immagine che ieri il prevosto di Varese, monsignor Luigi Panighetti, ha affidato il ricordo di un uomo che «si è distinto per ricerca, passione, cultura» e che ha saputo essere insieme esploratore, archeologo, antropologo, etnologo in terra d’Africa, animato da un’instancabile passione di ricerca che ora si fa memoria per gli altri. Ai funerali, che si sono svolti nella Basilica San Vittore, il fratello gemello Angelo è in prima fila. Guarda la bara coperta di fiori bianchi e non riesce a trattenere le lacrime, nel ricordo di quella che è stata un’instancabile avventura a due, un «itinerario fruttuoso che ci lascia un patrimonio di conoscenze che arricchisce il nostro presente e il nostro futuro», dice il prevosto.

Accanto a lui c’è il figlio Marco, nipote di Alfredo, ci sono i parenti, gli amici e anche tante rappresentanze istituzionali, con il sindaco Attilio Fontana, l’assessore alla Cultura Simone Longhini, il comandante della Polizia locale Emiliano Bezzon e due agenti che portano il gonfalone del Comune, poi l’ex presidente della Provincia, Massimo Ferrario, l’ex Procuratore capo Giovanni Pierantozzi e il fondatore dell’associazione Varesevive, Giuseppe Redaelli. Persino l’Eritrea saluta Alfredo e manda una rappresentanza della sua ambasciata ai funerali, per testimoniare l’affetto per «questi grandi e appassionati amici che hanno percorso ed esplorato tutta l’Africa» e, da ultimo, stavano lavorando alla riscoperta della antica città di Adulis, che dovrebbe diventare il primo parco archeologico dell’Africa subsahariana. Un progetto e insieme un sogno che non sarà interrotto, promette Serena Massa, che alla coppia di «fratelli indistruttibili» ha offerto la sua consulenza scientifica, prima di promettere ieri che «saremo insieme fino alla fine del mondo, come a Berenice», la città d’oro che proprio da Alfredo e Angelo fu ritrovata.

Ed è sempre la professoressa a ricordare, tra le lacrime, lo «spessore umano di quest’uomo che va oltre le parole». A parlare sono i tanti riconoscimenti ottenuti e le medaglie appuntate sul petto dei due esploratori, da quella d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte conferita loro, nel 1991, dal Presidente della Repubblica,Francesco Cossiga, al “Paul Harris Fellow”, “Lumen Claro”, premio dell’Accademia di Francia “Louis De Clercq”, medaglia d’oro per meriti culturali attribuita dalla Camera di commercio di Varese, fino alle benemerenze civiche del milanese “Ambrogino d’oro” e del “Sigillo Longobardo” della Regione Lombardia.

Così Angelo accompagna a Giubiano per la cremazione il fratello Alfredo, come lui archeologo non per caso ma per destino, con lui capace di «modificare un paragrafo di storia», come disse l’egittologo Silvio Curto, e di svelare la storia dell’Africa ricostruendola, tassello dopo tassello, come fosse un grande mosaico.