Anche a Varese la povertà è un flagello che avanza

La Provincia Varese - 28/03/2017

La povertà è uno spettro che
in questi ultimi anni ha colpito
sempre più famiglie.
A dirlo sono certamente i dati
e le statistiche, ma la realtà che
si vede lungo le strade.
Essere poveri assoluti a Varese
nel 2015, secondo l’Istat, significa
non arrivare a 1.630, 80 euro
di reddito mensile, se il nucleo
familiare è composto a 4 persone
di età compresa tra i 18 e i 59
anni, in una città del Nord della
grandezza di Varese.
La soglia di una persona che
vive da sola, tra i 18 e i 59 anni, è
invece di 779,97 euro. Di una coppia,
della stessa fascia di età, di
1.083,67 euro. Sempre l’Istituto
nazionale di statistica ha stimato
che nel 2015 le famiglie in condizione
di povertà assoluta siano
pari a 1 milione e 582 mila e gli
individui a 4 milioni e 598 mila:
il numero più alto degli ultimi
dieci anni. Si definisce povertà
assoluta la condizione per cui la
spesa della famiglia rimane al di
sotto del valore del paniere di
servizi e beni di prima necessità.
La povertà relativa, invece, viene
calcolata sulla base dell’indicatore
ISPL (International Standard
of Poverty Line): una famiglia di
due componenti è povera in termini
relativi quando la spesa per
i consumi è inferiore o uguale
alla spesa media per consumi
pro-capite. In Lombardia l’incidenza
della povertà relativa familiare
si è attestata al 4,6% e le
famiglie maggiormente colpite
sono quelle numerose, con 5 o
più componenti, in particolare
straniere. Un altro dato significativo
riguarda la condizione occupazionale
dei nuovi poveri: nel
6,1% dei casi si tratta di persone
che hanno un lavoro, mentre i
non occupati sono il 4,6%. Secondo
il rapporto Eurispes Italia 2017
un italiano su quattro si sente
povero. Una condizione psicologica,
economica e sociale che ha
a monte diverse ragioni. Si sprofonda
nella povertà a causa della
perdita del lavoro (76,7%), a seguito
di una separazione o un
divorzio (50,6%), a causa di una
malattia propria o di un familiare
(39,4%), della dipendenza dal gioco
d’azzardo (38,7%) o della perdita
di un componente della famiglia
(38%). Sempre secondo Eurispes,
il 77,2% degli italiani conosce
persone che non arrivano alla
fine del mese; il 61,5% persone
che devono chiedere costantemente
aiuto a parenti e amici; il
49% che non possono permettersi
un posto dove abitare; il 48,2%
che non hanno i mezzi per far
studiare i propri figli; il 41,9% che
non possono permettersi di curarsi;
il 41,3% che non possono
mantenere i propri figli; il 39,3%
che devono rivolgersi alla Caritas
e il 25% che si sono rivolte ad un
usuraio per ottenere a somme
altrimenti non reperibili. A tutto
ciò si aggiunge il dramma dei
giovani, in particolare coloro che
provano a metter su famiglia.
La povertà è infatti ormai direttamente
proporzionale all’età.
I giovani tra i 18 e i 34 anni che
hanno famiglia e si trovano sotto
la soglia di povertà assoluta, nel
Nord Italia, sono il 9,9% (la media
nazionale è 10,2%). La situazione
è drammatica anche sul fronte
dei risparmi. Secondo Istat Giovani,
il 72,9% delle famiglie in cui il
principale percettore ha fino a 35
anni non riesce a mettere da parte
risparmi. Il 48,4%, invece, non
è in grado di fare fronte a spese
impreviste superiori a 800 euro.
Questi giovani nuclei familiari
riscontrano problemi nel pagamento
di bollette (16,7%), mutui
o affitti (12%) e altre tipologie di
debito (9,5%) e nel 4,8% delle circostanze
dichiarano di non potersi
permettere un’automobile.
Il 96,1% dei giovani capofamiglia
ammette di trovarsi in uno
stato difficoltà più o meno grave.
Sono tutti dati che si ripercuotono
sulle spese: un ottavo delle
giovani famiglie non può permettersi
di mangiare carne o pesce
ogni due giorni, un quinto non
riesce a scaldare adeguatamente
casa e ben la metà non può concedersi
nemmeno una settimana
di vacanza all’anno. Ora, il 55%
delle giovani famiglie (dato nazionale)
considera un reddito minimo
fino a 2000 euro più che
sufficiente per eliminare i problemi.
Con le dovute proporzioni,
questo dato rende l’idea di quanto
poco guadagnino gli under 35
in Italia e di come siano in tantissimi
ad aver imparato a fare di
necessità virtù. n